Da QualEnergia.it
Novità da Bruxelles sul fronte del
mercato delle emissioni: il Parlamento europeo prende posizione
ufficialmente e spinge la Commissione ad agire. L'Europa deve intervenire per far rialzare il prezzo della CO2
e può farlo togliendo dal mercato i permessi ad emettere in eccesso,
dice la nuova risoluzione, che chiede che la Commissione “ritiri dal
mercato la quantità necessaria di permessi” per far tornare i prezzi a
livelli adeguati.
L'allocazione troppo generosa di permessi
ad emettere nell'ambito dell'emission trading europeo, unita al
rallentamento economico ha portato a un crollo del prezzo della CO2,
accelerato nell'ultimo anno. A dicembre si è toccato il minimo storico
di 6,51 euro a tonnellata, meno della metà degli oltre 14 euro/t di
inizio 2011 (oggi siamo a 9,25 euro/ton).
Molte tra le industrie coinvolte nell'Emission Trading System (ETS) al momento non devono praticamente fare alcuno sforzo
per ridurre le proprie emissioni. Tra gli Stati membri quasi due terzi
sono già sulla strada per superare i propri obiettivi al 2020 senza
dover adottare misure aggiuntive. I bassi prezzi dei permessi a
emettere – spiega un recente documento di lavoro della Commissione - rischiano di immobilizzare l'Europa, frenando gli investimenti per ridurre la CO2 qui e ora, facendo lievitare i costi per la mitigazione che si dovranno sostenere dopo il 2020.
Già a fine dicembre il Parlamento aveva approvato la proposta
di togliere dal mercato delle emissioni 1,4 miliardi di permessi ad
emettere per la terza fase dell'EU-ETS, che inizierà nel 2013. Nella
nuova risoluzione non si dice più di quanto si dovrebbe tagliare, ma,
novità rilevante, si spinge la Commissione ad intervenire prima che scatti la terza fase, a gennaio 2013.
Non quantificare il volume di permessi da
ritirare, spiega alla stampa Bas Eickhout dei Verdi olandesi, è stato
necessario per avere un appoggio il più vasto possibile alla nuova
risoluzione, che godrebbe di un consenso maggioritario e dovrebbe essere approvata il 28 febbraio nell'ambito
della discussione sulla direttiva efficienza. La risoluzione ovviamente
non obbligherà la Commissione ad agire, ma si aggiunge alle pressioni
che vengono da più parti, compresi importanti gruppi di investitori.
“Se l'Europa non agisce sul prezzo della CO2, solo in Germania metà degli investimenti low carbon necessari diverrebbero economicamente non convenienti”,
fanno sapere l'associazione tedesca per l'emission trading (BVEK) e
Climate Markets and Investment Association. Contro la proposta di
riduzione del volume dei permessi sul mercato si schierano ovviamente
alcuni rappresentanti delle industrie più energivore.
Un prezzo più alto della CO2 darebbe uno stimolo significativo a tutto il comparto europeo della green economy,
spingendo le imprese ad investire di più in efficienza energetica e in
fonti rinnovabili. Che ridurre i permessi ad emettere assegnati possa
essere vantaggioso per l'economia del vecchio continente, d'altra parte, lo aveva notato la stessa Commissione in un recente documento in cui, si vanno a quantificare costi e benefici di un innalzamento dell'asticella dell'obiettivo sulle emissioni per il 2020.
Se si tagliassero le emissioni del 30%
rispetto ai livelli del 1990 (anziché del 20% come attualmente
previsto), riducendo di conseguenza i permessi ad emettere assegnati,
l'aumento di prezzo di questi ultimi si tradurrebbe in 7 miliardi l'anno in più
che dall'ETS verrebbero redistribuiti agli Stati membri; un beneficio
che si aggiunge a quello sul risparmio sulle fonti fossili (fino a 31
miliardi di euro l'anno) sulle spese sanitarie (fino a 7,6 miliardi
l'anno) e ad altri non quantificati nello studio della Commissione come i
nuovi posti di lavoro, la ricchezza creata e i danni ambientali
evitati.
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